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La fantasia della realtà

La convinzione di molti è che l'accesso ad un percorso psicologico è appannaggio privilegiato dei "folli". Insomma, la maggior parte di noi quando si sente affaticato o sopraffatto dagli eventi non pensa mai di rivolgersi ad un professionista, sostanzialmente perché, ritiene di non essere "folle". In questa percezione, ovvero di non essere "folle", ognuno di noi ha assolutamente ragione. Il problema è che spesso, se noi non siamo folli, è la vita stessa che lo è, e ci sottopone a prove, in modalità e momenti, che magari possono essere eccessive rispetto alle nostre capacità di elaborazione e di conseguenza possono bloccarci, scoraggiarci, insomma, farci sentire meno "potenti" del solito. Se questa sensazione è lieve e non intacca le nostre attività quotidiane, allora nulla deve preoccupare, ma se questa sensazione è persistente, costante e finisce con l'inficiare le nostre attività quotidiane, allora chiedere aiuto ad un professionista della psiche può essere l'unico modo per far fronte positivamente alle questioni che la vita via via ci pone.
Un giorno venne da me una signorina, sempre brillante e pronta, molto educata ed acculturata, che in vita sua non aveva mai sofferto nemmeno di un raffreddore, figurarsi se aveva mai dovuto affrontare sensazioni di vuoto e scoramento tali da intaccare le proprie capacità di concentrarsi al lavoro, di dormire, e di mangiare. Questa signorina era sconvolta non tanto dalle sensazioni che provava, quanto dal non riuscire a riconoscere se stessa in quei vissuti, e questo la bloccava ancora di più in pensieri ricorrenti di come si sentiva nelle situazioni e di come invece avrebbe dovuto sentirsi, aggiungendo al disagio una rabbia verso se stessa che non trovava consolazione.
Dalle prime narrazioni della signorina sembrava che questi sentimenti fossero nati dal nulla, ma poi....
Nel giro di pochissimo tempo, circa un mese o due, la signorina aveva subito due lutti importanti razionalizzati dal periodo di malattia che li aveva preceduti (hanno smesso di soffrire), e nello stesso periodo aveva anche deciso di cambiare lavoro e aveva dovuto affrontare importanti tensioni familiari. Insomma, prese singolarmente, tutte situazioni per niente patologiche e che sono alla portata elaborativa di tutti; ma la realtà, che ha spesso una enorme fantasia, aveva riservato per lei un concentrato temporale che rischiava di diventare devastante.
Spesso e volentieri, quindi, nonostante le nostre risorse siano idonee e la nostra struttura emotiva e psichica sia adeguata, la vita ci pone delle prove che possono soverchiare o bloccare le risorse stesse che abbiamo in nostro possesso, e ciò non ci rende folli, piuttosto ci rende umani.
Accedere ad un percorso psicologico, non significa dover aggiustare qualcosa di sé che non và o curare aspetti folli della personalità, ma il più delle volte significa affidarsi a qualcuno che ci aiuti a sbloccare quelle energie che spesso risultano pietrificate dalla imprevedibilità degli eventi, che ci colgono, sempre e comunque, un poco impreparati.
Il lavoro con la signorina fu proprio quello di accettazione dei cambiamenti avvenuti intorno, e di conseguenza, dentro di sé, l'accettazione, quindi, di elementi sconosciuti di se stessa, legati ad aspetti più infantili, bisognosi e deboli, distanti dall'immagine di forza ed imperturbabilità che la signorina amava dare di sé, a se stessa e agli altri. Lavorando su questi aspetti è stato possibile sbloccare la sua possibilità di accedere al dolore e così la signorina riuscì a recuperare le proprietà attività, scoprendo anche una sensibilità nuova.
Il dolore che tanto la nostra società vuole negare, allontanare, nascondere sotto un tappeto, al punto da farci sentire in colpa se anche solo lo proviamo, è un materiale prezioso che necessita di un contesto in cui esprimersi a pieno e senza temere giudizio, questo è il contesto di un percorso psicologico. Perché se noi non siamo folli, la realtà molto spesso lo è e questo può effettivamente destabilizzarci.
Dottoressa Valeria Ria
Psicologa